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La “scultura frontale” di Pietro Consagra lo colloca tra i pionieri del rinnovamento della scultura moderna internazionale, nel secondo dopoguerra e oltre. Magistralmente codificata nei suoi inconfondibili "Colloqui" degli anni cinquanta, gli valse numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio per la scultura alla Biennale di Venezia del 1960. Consagra realizza opere sottili, quasi bidimensionali, che nella loro ubicazione appunto frontale, presentandosi con un punto di vista unico invece che a tutto tondo, rifiutano le convenzioni della scultura tridimensionale e monumentale, per creare una relazione più diretta e libera tra oggetto, osservatore e spazio. Ha lavorato con una grande varietà di materiali diversi, tra cui bronzo, ferro e ferro colorato, legno bruciato, acciaio, marmo. Per Consagra, la scultura frontale è l’antidoto moderno alla retorica e all’autoritarismo della scultura classica, la quale concepisce invece l’oggetto plastico come centro di attenzione autosufficiente. Gli permette di spostare la scultura da questo ipotetico centro ideale, emblema di potere e gerarchia di relazioni, a una dimensione di rapporto orizzontale immediato e autentico con l’osservatore, che corrisponde alla sua aspirazione per una società più democratica, giusta, egualitaria. Pubblicata in occasione della mostra a Robilant + Voena di Londra e realizzata in collaborazione con l’Archivio Pietro Consagra, questa monografia di Francesca Pola si concentra sull’opera di Consagra dai suoi primi lavori astratti del 1947 alla sua “musica frontale” del 1982, e include anche un saggio di Luca Massimo Barbero dedicato alla mostra internazionale Sculture nella città a Spoleto (1962).